La via è davvero un viaggio [...]. Gigi Vitali e Vittorio Ratti, in quei tre giorni dell’agosto 1939, sembra abbiano isolato una porzione di parete, relativamente stretta rispetto a tutto il versante [...]

 

 
 


La nostra avventura sull'Aiguille Noire

G. Muyo Maritano


No!!
Quando suona la sveglia alle 2.00 di notte e devi partire per una Salita… non è (solo!) l’interruzione del sonno a metterti alla prova. È l’istantanea e traumatica consapevolezza di quanto sarà lunga la giornata! È quello che già sapevo la sera del 18 luglio 2019, al rifugio Monzino, mentre mi tuffavo nel letto dopo una bella giornata passata a scalare con Roby in Valle Orco, e dopo l’ottima cena preparata da Mauro, infaticabile e vulcanico angelo custode del rifugio… Ma procediamo con ordine; l’idea in origine era un’altra: insieme ad Andrea avevamo progettato la Santa Caterina alla Nordend, ma una nevicata estiva ci ha fatto dubitare di trovare pulita la parte bassa della via. Perché rischiare una fregatura quando basta tarare i propri obbiettivi in funzione delle condizioni? Questa è la regola che mi sono dato: elasticità nello scegliere la gita! Solo così si comincia bene. Con le condizioni delle montagne di queste ultime estati drammaticamente secche, deve diventare il primo comandamento per limitare da subito i rischi.

Ed è per quello che, con Andrea, ci siamo trovati ad Ivrea con la macchina carica di ogni tipo di materiale ed un’unica certezza: Monte Bianco, zona Monzino. Tra una sosta caffè e l’altra, telefono in rifugio; Mauro è, come sempre, informato e preparatissimo. Stanno facendo un po’ di tutto, i ghiacciai per il momento si passano ancora abbastanza bene. La scelta si riduce…Innominata o Noire de Peuterey? Lascio che sia Andrea a decidere, anche se in cuore mio mi auguro scelga la Ratti-Vitali… Sono anni che la punto, ma per un motivo o per l’altro, non sono mai riuscito a metterci il naso.

E poi, l’attraversamento del Freney, sta diventando sempre più un problema. Quando si dice affiatamento: il tempo di imboccare la Val Veny ed il mio compagno si esprime: Ratti-Vitali: meraviglia!! Anche qui, rispetto a qualche anno fa’, siamo facilitati: qualche ricerca veloce sul web e scoviamo le relazioni che ci servono: tracciato e sintesi della via, consigli vari, e soprattutto materiale necessario. Due corde, picca, ramponi, casco, friends…ed in più facciamo una scelta inusuale ma che verrà assolutamente premiata: oltre alle scarpette e agli scarponi, ci portiamo dietro le scarpe leggere da avvicinamento; 22 doppie su quel tipo di terreno mi sembrano troppe per essere fatte con le scarpette!

Sono le 18 quando imbocchiamo il sentiero, ed alle 20.00 siamo davanti alla rituale birra per l’aperitivo. Cena veloce, qualche consiglio da parte di Mauro e poi, grazie anche al super trattamento che ci riserva, sprofondiamo in un bel sonno. Fortunatamente riposo bene, cosa non facile prima di queste salite: la tensione si sente! Ed eccoci a noi…alle 2.00 si accendono i motori. Da quel momento, ogni fase è ottimizzata e studiata. Colazione, zaino, frontale: check del materiale e via, per cominciare a camminare e rompere gli indugi. Già l’avvicinamento è un bel giro: salita –non elementare- al colle dell’Innominata; arriviamo esattamente secondo l’orario stabilito.

Sono le 5.00, ecco la prima luce, proprio quella che ci permette di individuare la prima delle due doppie che ci depositano sul ghiacciaio del Freney. Da lì basta non guardare troppo quello che si trova sopra di noi…ma le condizioni sono buone: temperatura corretta, neve ottima e ghiacciaio ancora abbastanza ben percorribile. Ancora un’oretta e ci siamo: sopra di noi, finalmente, la Ovest della Noire! Ancora qualche minuto per individuare la partenza giusta e poi via: attacchiamo, rapidi, il bello deve ancora venire! La via è davvero un viaggio, anche particolare considerato l’anno dell’apertura: non una via “semplicemente” classica.

Gigi Vitali e Vittorio Ratti, in quei tre giorni dell’agosto 1939, sembra abbiano isolato una porzione di parete, relativamente stretta rispetto a tutto il versante a loro disposizione, e solo all’interno di quella abbiano scelto le zone più facili. Facendo così hanno scovato sì un itinerario non estremo (almeno per i canoni attuali), ma disegnando comunque una via che evita le zone più brutte e rotte della parete. A parte alcuni attraversamenti, infatti, l’arrampicata è tutta su roccia abbastanza solida (non dimentichiamoci le dimensioni della parete!), evitando canali e canalini; inoltre, quasi tutti i tiri richiedono un certo impegno e, soprattutto, la parte seria è l’ultima, in alto, quando i piedi cominciano a chiederti perché, e quando l’orologio comincia a correre veloce. Prima un tiro in un diedro atletico e tecnico, e poi il lungo, entusiasmante tiro di artificiale. È solo superando questa sezione che, finalmente, si comincia a vedere la cresta sommitale più vicina!

Fatti gli ultimi tiri, però, si è davvero solo a metà: noi calziamo le nostre comode scarpe da avvicinamento… finalmente! E poi via, si ricomincia…22 doppie! Da fare tutte, attenzione, non saltarne neppure una. Passa il capo, lega le corde, falle su, studia la traiettoria, e lancia! Via uno, via l’altro…e poi si ricomincia, cercando di non calare il livello dell’attenzione. Ci vanno più di due ore, senza perdere tempo, per arrivare alla base della parete. Qui si comincia a tirare il fiato, anche se riattraversare il Freney con le neve molle e i ponti instabili, non è un divertimento!

Arrivati dall’altra parte c’è ancora una bella ravanata: la risalita al colle dell’Innominata non è uno scherzo, ed il buio ci prende proprio quando siamo sulla parte più delicata…Pazienza, occorre stringere i denti, ancora qualche minuto e siamo fuori dalle grane! Ancora qualche doppia e siamo alla fine, sulle pietraie che precedono il rifugio! E, finalmente, la graditissima sorpresa: è ormai mezzanotte, ma Mauro ci aspetta sveglio, con una birra fresca ed un piatto di pasta dalle dimensioni colossali: grandissimo!!
Che dire…quando si torna da queste avventure, le sensazioni sono tante ed esaltanti…i sogni si realizzano, un piccolo desiderio chiuso in un cassetto si avvera. Ed ogni tanto, quando si riapre quel cassetto, si rivive qualche momento di gioia di quel giorno di luglio 2019…

Articolo comparso su Planet Mountain>>

La relazione

Aiguille Noire de Peutery 3773m
Via Ratti-Vitali
850m, TD+, 5c obb; 6a+ / A0

Primi salitori: Gigi Vitali e Vittorio Ratti, 18-20 agosto 1939

Via severa ed impegnativa, che sfrutta i punti deboli della porzione di parete che, dalla vetta della Noire, scende verticalmente alla base sul ghiacciaio del Freney.
Il punto di attacco è facilmente individuabile una cinquantina di metri a destra del canale delle Dames Anglaises, sulla verticale di un sistema di fessure-camini che danno la direzione della parte bassa della via. (Sosta 0 visibile dal ghiacciaio).

Materiale: 2 serie di friends BD C4 dallo 0,3 al 3; normale dotazione da alpinismo; utile il martello per i chiodi del tiro di artificiale; scarpette e casco.

 

Avvicinamento: dal rif. Monzino con evidente traccia aggirare l’Aig. Croux e salire al Colle dell’Innominata (2h dal rifugio). Da qui con 2 doppie su fix (una da 25m e l’altra da 50m: la prima sosta si trova pochi metri a destra ed un poco in basso scavalcando il colle) si arriva sul ghiaccio del Freney, che si attraversa risalendo un centinaio di metri di dislivello con un ampio giro da sinistra verso destra.
Puntare al canale delle Dames Anglaises e, circa 50 metri alla sua destra, individuare i camini della parte bassa della via.

Descrizione della via: La parte bassa della via è la più facile da individuare, seguendo il sistema di fessure, diedri e camini che portano dritti alla parte mediana. Appena sbucati oltre lo sperone tornare subito a sinistra (non lasciarsi tentare dal canalino facile ed innevato che sale verso destra), e da lì proseguire centralmente sullo sperone di roccia buona sino alla sua sommità.
Da qui attraversare la crestina nevosa e fare sosta subito a destra del canalino marcio, su uno sperone roccioso, per poi tornare a sinistra attraversando la zona di roccia più brutta della via.
Da ora in poi dritti fino ai due tiri chiave, evidenti per la quantità di chiodi. Superato il tiro di artificiale ancora qualche bel tiro non elementare, tra diedri e placche, per arrivare dritti in cima!
NB: sono presenti TUTTE le soste (due fix collegati con cordone ed anello di calata); in discesa NON saltare neanche una doppia!!

 

 
 
 
 
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