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Una pagina interamente dedicata a Marco. Troverete molti dei suoi racconti legati alle salite che ha fatto come guida, e tutti i suoi diari relativi alla chiodatura di Positano, con i quali aggiornava il sito. In essi si legge tutta la sua passione.
Grazie, Marco!
POSITANO,
i diari di Marco e le foto
Marco partì per la Val Pellice nel 1998. Aveva 21 anni. Da Salerno seguì la sua grandissima passione per la montagna, lasciando famiglia, amici, università.
Con il suo carico di attrezzature e la sua vecchissima Ford Escort: voleva imparare a fare cascate, l’unica cosa che ancora gli mancava. I genitori e gli zii, tra i soci fondatori del CAI di Salerno, gli avevano trasmesso la passione per le camminate e per l’arrampicata, che lui coltivava e alimentava sulle montagne dell’Abruzzo e sulle meravigliose falesie della Costiera Amalfitana.
Conoscendo già la Conca del Prà ed il Rif. Jervis sì dirige lì. Un po’ lavora nel rifugio e un po’ scala, mentre la Val Pellice lo sta già catturando. Dopo quell’esperienza invernale decide di tornare l’estate successiva, sempre con lo scopo di lavorare al rifugio e di vedere cosa succede... Ma il suo immediato futuro, molto probabilmente, l’aveva già stabilito; alla fine della stagione, infatti, cerca una casa ed un lavoro per stabilirsi definitivamente in Val Pellice.
È a questo punto che comincia a scalare e ad allenarsi in modo continuativo: un’attività che lo prende totalmente, rendendolo consapevole di quel bisogno di libertà e adrenalina che lo accompagnerà sempre.
Io e lui ci siamo conosciuti proprio in quel periodo; l’obiettivo era lo stesso: preparare le selezioni per accedere al Corso Guide. Vedevamo la montagna nello stesso modo, condividevamo lo stesso spirito ed avevamo le stesse necessità di incastrare i momenti in montagna tra i molti altri impegni. Un gran bel periodo. Si scalava e basta. È così che siamo riusciti a cominciare il corso Aspiranti, durante il quale abbiamo intensificato allenamenti ed uscite. Già progettavamo di cominciare a lavorare insieme. Diventati Aspiranti Guida nel 2005 creiamo la X3M, insieme a Mario. La nostra passione, trasformata in professione, ci avvicina ulteriormente. Diminuiscono subito le uscite effettuate in tutta libertà, ma non ci facciamo mai mancare le occasioni per scalare insieme. Nell’inverno del 2008, per esempio, siamo riusciti ad andare a fare ghiaccio a Kandersteg, in Svizzera. Due giorni per scalare e realizzare un filmato.
Era da un paio d’anno che Marco si era anche appassionato di sci ripido. L’attività che gli permetteva di vivere sensazioni nuove e forti. Sì era buttato a capofitto, come il suo solito, unendosi agli amici che, come lui, realizzavano già da un po’ di anni prime discese o ripetizioni di assoluto valore.
Marco ci ha salutato il 7 dicembre del 2008. Come sempre accade, tante cose sono state dette e scritte, forse troppe. Ma ciò che conta, è quello che lui ci ha lasciato. E lo possiamo sentire solo dentro di noi.
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Le salite di Marco
Giovedì 18 ottobre
Tour Ronde, Parete Nord
Difficoltà: D+ neve e ghiaccio fino a 60°
Sviluppo: 350m
Partenza con la prima funivia da Courmayeur alle 8.30, mettiamo i piedi sul ghiacciaio alle 9 in mezzo alle nuvole e al vento forte…
Fiduciosi nel previsto miglioramento iniziamo l’avvicinamento alla Tour Ronde e quando siamo quasi all’attaco le schiarite si fanno più frequenti e il vento forte sembra portare via il brutto.
Attacchiamo la parete alle 10 dalla terminale e saliamo veloci fino alla strettoia su buona neve compressa.
Un po’ di snow drift a causa del vento e della neve caduta di notte ci investe di tanto in tanto e l’ambiente è ancora più selvaggio.
Nella strettoia facciamo qualche tiro tenendoci sulla sx salendo e la goulotte è quasi tutta in neve compressa o ghiaccio poroso.
Velocemente ci portiamo fuori dalla goulotte uscendo a metà del lenzuolo finale.
Il gran freddo (–6°C senza vento) ci fa andare veloce e alle 12.15 siamo sotto le roccette che conducono in cima.
Da qui in 5minuti si raggiunge la madonnina di vetta.
Il vento intanto ha portato via le nuvole e il panorama è grandioso come sempre.
La discesa lungo la cresta è in buone condizioni con poca neve e riparata dal vento che soffia da Nord.
Quando però si passa per brevi tratti sul versante Vallèe Blanche c’è da battere i denti…
Percorriamo la cresta fino alla fine e con una doppia ci posiamo dopo la terminale in prossimità del colle.
Da qui non resta che camminare fino di nuovo a Punta Helbronner dove arriviamo intorno alle 15.30.
Compagno di cordata un Edi in splendida forma…
Abbiamo effettuato la salita in completa solitudine, non abbiamo visto nemmeno una persona nemmeno sulla Vallée Blanche; il Monte Bianco oggi sembrava già essere addormentato per l’inverno… e l’atmosfera, davvero solitaria!
20 Luglio 2007
Pelvoux Pointe Puiseux 3943m
Difficoltà: passaggi di roccia fino al II° e canale di neve fino a 40°
Dislivello in salita: 1250m (da 2700m a 3943m)
Dislivello in discesa: 2400m fino ad Ailefroide
Tempo salita: 3.30 a 5 ore dal rifugio a seconda delle condizioni.
Siamo ormai alla fine di questa settimana dedicata agli Ecrins… e concludere col Pelvoux è d’obbligo!
La sveglia del Refuge du Pelvoux è davvero turpe!
Alle 2.45… e non aggiungo altro, tranne che forse per il Pelvoux è un po’ eccessiva!
Colazione alle 3 e poi via,al buio pesto, verso la cima più famosa di questo angolo di Ecrins.
Subito un ben ripida morena ci da la sveglia e, con la testa ancora sul cuscino,è dura trascinarsi sulle ghiaie col solo cono di luce della frontale come riferimento!
Dopo mezz’ora circa di salita faticosa si attraversa sotto il Glacier de l’Homme ma….velocemente perché i seracchi in alto danno ben poca sicurezza!
Quindi un tratto delicato su balze di roccia lisciate dal ghiacciaio poi dall’acqua che al buio non sono di facile interpretazione, quindi di nuovo ripida pietraia fino alla Bosse de Sialouze dove finalmente ci si può riposare un po’!
Siamo a 3200m circa ed è ancora buio!
Ma qui si sta comodi e ci fermiamo per mettere i ramponi, mangiare e bere qualcosa,anche se sono solo le 5.30 del mattino!
Da qui inizia la salita su neve che dapprima su ampi nevai e ghiacciaio poi nel ripido couloir Coolidge conduce verso la cima del Pelvoux.
La luce ci investe ormai all’ingresso del Coolidge quando la salita si fa lenta e il ritmo si adegua alla pendenza e alla quota che cominciano a farsi sentire.
La parte finale del Coolidge raggiunge i 40° di pendenza e dalla neve negli ultimi 50m si passa al ghiaccio che ci costringe a un delicato tiro di corda!
Ma alle 7 eccoci sull’enorme plateau sommitale a goderci il sorgere del sole quasi sulla vetta!
La giornata è molto nuvolosa e le nuvole con la luce dell’alba rendono tutto quasi irreale!
Alle 7.30 siamo sulla Punta Puiseux a 3943m.
Fa abbastanza freddo oggi e quindi giusto il tempo per le foto e cominciamo a scendere di nuovo verso il rifugio.
La discesa con la luce è molto meno da ricercare e anche la parte bassa scorre veloce cosicché alle 10 siamo di nuovo in rifugio!
Ma non è ancora tempo di rilassarsi perché ci aspettano ancora 1200m di discesa fino ad Ailefroide nel lungo Vallon du Selé!
Vi giungeremo stanchi alle 13! |
Albaron di Savoia 3627m, parete NE
Domenica 22 Aprile
Difficoltà: 350m 5.1/E3
Dislivello complessivo:1900m circa
Meteo: sereno
Partiti da Pian della Mussa (1800m) alle 6.20 circa ci dirigiamo verso il Canale delle Capre.
La notte è stata calda e la neve non porta per cui, data la pericolosità del canale in queste condizioni decidiamo di salire lungo il sentiero.
La prima ora quindi la facciamo sci a spalle, e camminare tra rocce e neve molle non è certo piacevole.
Sbucati sopra le balze rocciose possiamo finalmente mettere gli sci e la neve comincia ad essere portante.
Saliamo verso il vallone che porta alla Ciamarella e con un lungo traverso lo raggiungiamo.
Lo si percorre fino al fondo.
Quindi, a quota 2900 circa, si piega sulla dx salendo in direzione della Sella d’Albaron.
Si sale un bel pendio costante che dopo la prima impennata si abbatte un po’ e conduce alla sella a quota 3350m circa.
Da qui ecco sbucare l’Albaron.
Sulla dx la punta Chalanson, la piccola Ciamarella e in lontananza la Ciamarella.
Ci si porta al colletto dell’Albaron a quota 3450 circa e da qui, sci a spalle, si percorre la bella e affilata cresta che conduce alla vetta a 3627m.
Arriviamo in vetta alle 11 circa dopo 1800m di dislivello.
Dalla vetta scendere al colletto tra le due cime (30m) e buttarsi sull’ampio pendio NE all’inizio con pendenze sui 40° gradevoli e tendere a dx.
La neve è farina un po’ pesante ma sciabilissima.
Bellissime curve nella parte alta mentre lentamente si va verso dx portandosi sul filo dello sperone.
Qui la pendenza aumenta sui 45° ma l’ampiezza del pendio e la bella neve rendono il tutto molto piacevole.
Si scende fino alle prime roccette che preannunciano la caratteristica barra rocciosa che fa da piede alla parete.
Individuare un passaggio non è facile dipende molto dalle condizioni di innevamento.
Sempre sul filo dello sperone si scende fino all’imbocco di una strettoia molto ripida con cornice sul lato di ingresso.
Passaggio molto delicato e stretto con pendenza sui 55° per una decina di metri che immette nel canaletto sottostante incassato tra le rocce.
Il canale è sui 50° e la neve ha tenuto bene per cui si curva senza troppe difficoltà anche nello stretto.
Quando il canale si apre sul sistema di cenge sottostanti tenere la dx e dopo qualche altra curva un po’ più ampia traversare orizzontalmente a dx cercando il passaggio tra le cenge nevose molto esposte.
Per uscire dalla parete un bel traverso su una stretta cengia con un bel saltino sotto!
Una volta sul pendio sottostante ci si rilassa e via nel conoide fino al ghiacciaio.
Si è a quota 3250 circa.
Si rimettono le pelli per rimontare alla sella d’Albaron a quota 3350 circa.
Dalla sella si scia lungo la via di salita…
Prima gli ampi pendii sotto il colle e poi una volta nel vallone giù dritti fino a ritornare sopra il pian della Mussa.
A quota 2150 togliamo gli sci e di nuovo a piedi fino all’auto dove giungiamo alle 13.30 circa.
Note: l’itinerario di salita è molto lungo e normalmente si sale anche dal versante Des Evettes.
Considerare bene le condizioni del Canale delle Capre sopra il Pian della Mussa prima di mettercisi dentro.
Molto pericoloso con neve molle poiché sotto scorre molta acqua ed è pieno di buchi.
Scendere non più tardi delle 11 la parete con le condizioni attuali e quindi calcolare di partire intorno alle 6.
La barra di rocce alla base della parte deve essere affrontata diversamente a seconda dell’innevamento e portarsi dietro uno spezzone di corda non è una cattiva idea se ci si trova nelle strettoie senza neve!
Attualmente si scende tutta sci ai piedi.
Giugno 2008
Dal 23 al 28 giugno
Traversata dell’ Oberland
Cinque giorni di traversata in mezzo ai ghiacciai più grandi d’Europa, il massiccio dell’Oberland riserva grandi spazi e panorami davvero unici per gli appassionati delle distese glaciali.
Certo un percorso molto lungo con lunghe marce e grandi distanze, più adatto all’escursionista d’alta quota che all’alpinista.
Una traversata che però può essere “rinforzata” con le salite ad alcune delle splendide cime che contornano l’itinerario di cui molte intorno ai fatidici “4000” e alcune di queste molto interessanti!
Insieme a cinque simpatici francesi abbiamo effettuato la traversata accompagnati dal bel tempo e da un caldo anomalo che, unito alla molta neve ancora presente, ha dato come risultato un battere traccia nella neve molle per cinque giorni di fila!
Fatica assicurata e… piedi bagnati tutte le sere!
Giorno 1: Grimselpass(2165m) – Oberaarjochhutte(3258m)
Lunga tappa di circa 15km…lungo l’Oberaarsee e quindi risalendo il lungo Oberaargletscher.
Giorno 2: Oberaarjochhutte – Finsteraarhornhutte(3048m)
Bel giro attorno alla severa cima del Finsteraarhorn dapprima scendendo lungo il Galmigletscher fino a 2700m di quota quindi risalendo il Fieschergletscher fino alla capanna.
Giorno 3: Finsteraarhornhutte – Konkordiahutte(2850m)
Si cambia bacino risalendo il Fieshergletscher fino al colle “Grunhornlucke” a 3280m, quindi si scende dal lato opposto lungo il Gruneggfirn fino a raggiungere l’enorme Konkordiaplatz, a ridosso della quale sorge il rifugio.
Giorno 4: Konkordiahutte – Hollandiahutte(3238m)
La lunga tappa sul piattissimo Aletschfirn, l’enorme ghiacciaio che passa sotto l’altrettanto immane parete dell’Aletschhorn, un bellissimo e severo 4000, riservato ai veri intenditori!
Una tappa un po’ monotona e con poco dislivello, ma su una distesa glaciale unica nel continente europeo!
Giorno 5: Hollandiahutte – Fafleralp(1800m)
La lunga discesa dal Lotschenlucke (colle) verso la vallata del Loschental alla cui testa si trova il caratteristico abitato di Fafleralp, a una quota di 1800m.
Discesa lunga e varia, dapprima su un bel ghiacciaio e poi lungo tormentate morene; prima di ritrovare il verde nei pascoli che sovrastano l’abitato…
Un saluto agli amici François, Vincent, Isabelle, Catherine e Jean-Pierre con cui ho condiviso la traversata, ringraziando per la cortesia dimostrata e per la piacevole compagnia nelle lunghe serate trascorse nei rifugi svizzeri. |
Dal 16 al 20 giugno 2008
Settimana nel gruppo Ortles-Cevedale
Arriviamo a S. Caterina Valfurva nella mattinata del 16 Giugno ed ancora una volta è la pioggia a farla da padrona. Ma senza perderci d’animo intraprendiamo la strada del Rifugio Casati, punto di partenza per la salita al Cevedale.
Dal Rifugio Pizzini dove giungiamo in auto sono circa 2 ore di cammino che effettuiamo purtroppo con visibilità nulla e un vento patagonico una volta giunti in cresta…
Ad ogni modo nel pomeriggio eccoci al Casati, a 3250m, dove restiamo bloccati per 48 ore a causa delle pessime condizioni del tempo e per la neve che continua a cadere.
Mercoledi 18 Giugno:
il tempo va per migliorare e allora intraprendiamo la salita al Cevedale.
Il paesaggio è da pieno inverno e i circa 40cm di neve fresca caduti nelle ultime ore fanno il resto.
Bellissimo il ghiacciaio che conduce alla base della rampa nevosa che conduce alla vetta,in costante salita senza mai essere ripido.
L’ultima rampa con tanta neve è abbastanza faticosa ma comunque alle 12.30 raggiungiamo 3768m della cima.
Prima di scendere effettuiamo la traversata andata – ritorno dell’affilata e aerea cresta che collega la cima del Cevedale alla Zufall.
La discesa verso il rifugio Pizzini ci fa godere a pieno dello splendido panorama poiché ormai il tempo si è decisamente ristabilito e il sole ci accompagna per tutto il resto della giornata.
Giovedi 19 Giugno:
partenza presto dal rifugio Pizzini per la salita al Monte Pasquale, situato di fianco al Cevedale e leggermente più basso.
La salita avviene lungo un bel ghiacciaio ben più movimentato di quello del Cevedale ma la molta neve presente rende la salita molto tranquilla, a parte la fatica da fare per procedere nella crosta non portante per 800m di dislivello….
Molto bella anche l’ampia cresta sommitale che porta ai quasi 3600m della cima.
Alla sera scendiamo di nuovo a S.Caterina per trasferirci al Passo Gavia da dove il giorno dopo effettueremo la salita al Pizzo Tresero.
Venerdì 20 Giugno:
una bella salita quella al Pizzo Tresero, molto articolata e lunga e con una bella cresta sommitale molto panoramica.
La salita avviene dapprima sul bordo del torrente poi, superata sulla sinistra la barra rocciosa che forma delle cascate, si accede al bel ghiacciaio che va verso il Pizzo S. Matteo.
A quota 3000 si gira a sx imboccando la diramazione del ghiacciaio che sale evidente verso la piramide del Tresero.
La salita dura tra le 4 e le 5 ore e i 1100m di dislivello ne è solo una parte,poiché è grande anche lo spostamento.
Dalla vetta splendida vista su tutto il gruppo Ortles - Gran Zebrù – Cevedale.
Una bella settimana in un gruppo a me ancora sconosciuto ma che grazie alla compagnia e alla proposta di Luca sono riuscito a scoprire e, non mancherà occasione di ritornarci, magari per una bella settimana di scialpinismo.
Purtroppo non siamo riusciti a causa della molta neve a effettuare la salita all’Ortles o al gran Zebrù ma… l’appuntamento è solo rinviato!
Un grazie a Luca che dalla Campania con furore si è sparato una settimana mica da ridere, con tanto dislivello e condizioni quasi invernali!
Grazie per la piacevole compagnia e complimenti per l’ottima preparazione fisica dimostrata.
15-16 Gennaio
Kandersteg
Kandersteg… uno di quei posti di cui hai sempre sentito parlare, letto articoli recensioni, e dove in fondo se sei un ghiacciatore ti piacerebbe andare almeno una volta.
Ed ecco che allora, quando meno te lo aspetti, si presenta l’occasione di andarci e non resta che preparare di fretta e furia il materiale e… partire.
Dopo una cena orrenda e una notte in una stanza ancora peggiore presso un motel a Domodossola eccoci, ancora di notte, varcare il Passo del Sempione sotto una nevicata che non fa presagire nulla di buono e, una volta scesi in Svizzera cercare disperatamente di interpretare i cartelli stradali che indichino la valle giusta.
Non è stato facile ma alla fine alle 9 eravamo a Goppestein,pronti ad imbarcarci sul treno che con macchina al seguito ci ha portato a Kandersteg!
Alle 9.30, parcheggiata la macchina vicino alla pista di fondo, ci cambiamo e… inizia la nostra avventura.
Martedi 15 Gennaio: Rattenpissoir + Pingu
Rattenpissoir
Difficoltà: IV/5
Sviluppo: 180m circa
Una classica da non perdere, con le prime due lunghezze che fanno la difficoltà e le ultime due (o una lunga) su un facile scivolo.
La prima lunghezza è un muro di 60m con inclinazioni variabili dai 70 agli 80° molto continuo e con ghiaccio lavorato a foglie nella parte alta che fa da piedistallo alla candela del secondo tiro.
La candela è un bel tubo di una quindicina di metri su cui c’è da divertirsi, mai difficile ma comunque verticale…
Attualmente in buone condizioni nonostante la temperatura assolutamente “gradevole” per non dire calda.
Sosta su abalakov alla base del secondo tiro quindi su albero a sx dell’uscita della candela.
Pingu
Difficoltà: III/5+
Sviluppo: 200m circa
Sei lunghezze, secondo la relazione, per una cascata davvero interessante e mai facile tranne l’ultima breve lunghezza.
Le prime tre sono su un grosso muro con due risalti verticali lungo poco più di 60m e con due sezioni verticali.
A nostro avviso questa prima sezione può essere risolta in due tiri mediamente lunghi.
Soste su abalakov e chiodi.
Alla fine di questo si esce su una grossa cengia che in piano porta alla base della seconda sezione della cascata.
Prima un bel tiro di avvicinamento su un risalto non banale quindi un bel tiro verticale molto lavorato e continuo di circa 30 metri.
È il tiro chiave e vale tutta la cascata!
L’uscita su un’altra cengia fa respirare un po’ e una comoda sosta su albero a dx permette di riposare.
Discesa in doppie attrezzate su alberi e poi abalakov in basso. |
Mercoledi 16 Gennaio: Blue Magic
È proprio il caso di dirlo… una cascata stupenda.
Già dal paese è visibile con la sua linea che solca interamente la parete verticale su cui poggia e, quando ci sei sotto, dopo un breve attimo in cui hai già capito che vai a trovar pane per i tuoi denti, non puoi fare altro che ammirarla e…meravigliarti di come faccia a stare in piedi!
Due lunghe sezioni a muri verticali e colonne intervallate da una cengia nevosa.
Come diceva la relazione, e non possiamo dargli torto, "una cascata lunga e difficile".
Al mattino eravamo partiti con intenzioni ben più bellicose ma nel bosco al mattino, con 4 gradi sopra lo zero e una nebbiolina che ti bagnava appena uscivi dalla macchina, avevamo ben motivo di essere preoccupati.
La nostra paura aveva un nome: “Rubezahl”, e la cosa che ci preoccupava molto era il caldo e il fatto che si tratti di una cascata molto impegnativa e per la sua struttura non indicata con giornate calde.
Comunque ci arriviamo sotto e non possiamo che abbandonare l’idea!
La cascata attualmente è in via di formazione ma al posto della sequenza di tubi presenta una successione di meduse enormi con dei grossi strapiombi e ristabilimenti su cavolfiori a dir poco inquietanti.
Inoltre scorre ancora molta acqua e tutta la linea di salita è tuttora sotto il tiro delle colate.
Insomma “ripieghiamo” su Blue Magic che nulla ha da invidiare alla sua vicina, tranne forse quel mezzo grado in meno.
Blue Magic:
Difficoltà: IV/5+
Sviluppo: 210m
Un primo tiro molto lungo di circa 60m con una sezione iniziale verticale di circa 20m con ghiaccio molto lavorato e soffiato e poi una sequenza di risalti e gobbe fino a raggiungere una comoda cengia su cui fare sosta(a spit!)
Dalla cengia una lunghezza impegnativa a 90° abbondanti su ghiaccio soffiato e esili stalattiti,molto difficile da chiodare e aleatoria. Alla fine della colonna obliquare a sx e raggiungere su cavolfiori una piccola cengia con una buona sosta a spit.
Dalla sosta alzarsi sulla colonna verticale mantenendosi sulla sx e superare il risalto sempre su ghiaccio difficile e aleatorio per una quindicina di metri, poi la pendenza diminuisce leggermente e su ghiaccio a cavolfiori obliquare di nuovo a sx per raggiungere un’altra sosta con uno spit.
Da qui una breve sezione verticale molto delicata conduce alla gobba sommitale e a una stretta goulotte che da accesso all’ultimo largo muro.
Sosta a metà di questo circa 15m prima delle piante.
Discesa: doppie da 60m a spit sul lato sx (guardandola) della cascata.
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